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milano, Italy
“L’occhio delle donne” dizionario biofilmografico delle registe e dei loro film, è stato compilato da me nel 1995. Oggi la rete offre una marea di informazioni su tutto il sapere umano, quindi anche sulle registe. Questo mio piccolo contributo vuole essere un tentativo di sguardo d'insieme sul grande lavoro compiuto e in corso di compimento da parte delle professioniste della macchina da presa. Un lavoro non certo esaustivo ma che cerca di nominare il maggior numero di donne che si sono appassionate alla professione registica.

sabato 29 giugno 2013

LA POLITICA PRIMA. 17 - CONTRO LA VIOLENZA DI OGNI POTERE


Un'arma infallibile contro il potere e la sua violenza

18 giugno 2013 Istanbul





la conoscenza





  la fiducia della propria ragione





l'orgoglio di non piegarsi
18 giugno 2013 Istanbul















la forza dell'ironia








In Turchia come in Siria, ma anche Libano, Pakistan, Mali, Afghanistan, Iran, Birmania, Sudan, India, Filippine, Niger... per citare le nazioni più conosciute,
in questi paesi ci sono conflitti aperti alla sola data di maggio – giugno 2013.

Vorrei (sognare) vivere in un mondo dove finalmente la forza della ragione delle donne possa dare la possibilità di convivenza a uomini e donne di ogni nazione e in ogni stato di questo nostro martoriato pianeta.



giovedì 2 maggio 2013

L'OCCHIO DELLE DONNE. 13 - ALINA MARAZZI

ALINA MARAZZI


Regista di documentari televisivi a carattere sociale; lavora come aiuto regista per il cinema, principalmente con Giuseppe Piccioni. Ha collaborato con lo Studio Azzurro sia su progetti cinematografici che installazioni. Tra le altre attività ha tenuto laboratori audiovisivi all'interno del carcere di San Vittore a Milano e per due anni ha lavorato all'interno del progetto Fabrica sotto la direzione artistica di Godfrey Reggio. Si è segnalata all'attenzione della critica e del pubblico internazionale con il suo primo film documentario “Un’ora sola ti vorrei” un ritratto della madre morta suicida quando lei aveva sette anni, di cui cerca di ricostruire l'esistenza attraverso un montaggio di sequenze filmate dal nonno paterno. Presentato a Locarno in Concorso video, il film riceve la menzione speciale della Giuria, e in seguito il premio per il miglior documentario al festival di Torino. Dopo il successo di questo film intimo e personale, ha realizzato “Vogliamo anche le rose” (2005) con il quale intende «ripercorrere la storia delle donne dalla metà degli anni Sessanta fino alla fine dei Settanta e metterla in risonanza con il nostro presente conflittuale e contraddittorio, nell'intento di suscitare una riflessione su tematiche ancora aperte se non addirittura rimesse grossolanamente in discussione». Ancora nel 2005, ha realizzato “Per sempre” documentario spirituale sulla vita monastica.
Nel 2012, per lei, l'esordio nel lungo con “Tutto parla di te” in cui racconta, con sensibilità, una complessa storia di donne alle prese con le gioie e i dolori della maternità. (tratto da MyMovie)


Tutto parla di te

(Nota dopo aver visto il film)


Dico subito che non sono più giovane e che non ho mai avuto figli.
Detto questo, il film “Tutto parla di te” è riuscito a catturarmi, non immediatamente, ma insinuandosi dapprima nei miei pensieri per poi giungere al cuore, rievocando ricordi e racconti ascoltati nel corso degli anni di altre donne amiche che hanno vissuto l’esperienza della maternità.
Questo film non si ammanta di emozioni scalpitanti, non ci sono momenti catartici scoppianti di colori e suoni, non c’è pronto il melodrammone, no!
“In tutto parla di me” il clima è pacato, alle volte distaccato, come se la regista volesse tenere a freno emozioni incontrollabili.
Le immagini esteticamente pulite (ottima fotografia) non sono mai esplosive. Tutto è quasi normale, nel bello che accoglie il nostro occhio lasciandoci il tempo di ascoltare, guardando e seguendo una sofferenza muoversi viva nella suo quotidianità.
Dunque, vita normale di donne moderne, giovani donne con desideri di sé che sentono bloccati da quell’evento magari anche desiderato  ma che spesso non le trova sufficientemente preparate per viverlo.
Donne che si trovano davanti a una esperienza terribilmente sconosciuta che le risucchia totalmente e le fissa in un tempo che non concede tregua. “Un figlio è per sempre” dice una protagonista. E’ vero, l’amore per un figlio può non finire mai, ma in quel momento sembra che non finiranno mai anche i pianti notturni e l’accudimento costante.
Credo, che Alina Marazzi con questo ultimo film voglia chiudere un cerchio aperto con “Un’ora sola ti vorrei” dove ha raccontato la vita di sua madre terminata con un suicidio dopo la seconda gravidanza.
In “Tutto parla di te” invece si sofferma nella vita di tante giovani donne, nei loro sentimenti, nelle loro debolezze, la telecamera indugia sulle loro lacrime, sulla loro momentanea fragilità, sui loro gesti sconsolasti. Ma non eccede, è misurata, è in ascolto, quasi la regista voglia trovare una soluzione, una via di scampo.
E la trova mettendo a confronto la storia di una donna non più giovane che ha elaborato il suo dolore e che vuole liberarsene per sempre. Riflettendola in quella di una neo mamma in crisi: la relazione che si instaura tra le due donne diventa appagamento e liberazione di sensi di colpa che l’una provava verso la madre e l’altra prova verso la sua piccola creatura.






Per le due coprotagoniste, tanto diverse ma tanto unite, un dolore senza nome custodito nel cuore e nel cuore risolto.







 



E la trova! Ma ce la suggerisce con una delicata fantasia animata quasi non abbia il coraggio di dirla a piena voce, quasi sia così difficile ipotizzarla con corpi vivi e situazioni reali.

domenica 21 aprile 2013

POLITICA E AMICIZIA 2. - APRITI CIELO!




 un'apertura nel grande cielo dell'esistenza

                                                 una scommessa nella mia vita

                                                                                   una speranza per il mio pensiero

 



Giugno 2012 Zina mi porta a vedere un posto in Via Spallanzani 16... un bellissimo cortile, un gigantesco albero, un cielo immensamente azzurro. La stanza: una tana del lupo! L'idea di Zina: Realizzare un luogo luminoso per fare, pensare, desiderare.







Settembre 2012
Zina mi porta a vedere la sede della nuova Associazione che abbiamo fondato: "Apriti cielo!". Il luogo nel
cortile ora tripudio di colori: verde nelle sue varie gradazioni e i colori dell'estate espresso dai numerosi fiori. 

L'antro del lupo di mia memoria si è trasformato in una "stanza" luminosissima, ampia, pulita, accogliente, bella!


Marzo 2013
APRITI CIELO! è diventata una realtà. Uno spazio fisico ma anche della mente e del cuore ...
Donne e qualche uomo in relazione con noi si muovono e si cimentano in idee e opere ... nel calore di essere umani, pensanti, desideranti.






UN RAPPORTO POLITICO E DI AMICIZIA, il mio con Zina. La
realizzazione di un sogno di entrambe: UN LUOGO bello, accogliente, pieno di luce DOVE un desiderio di azione e pensiero possa liberamente esistere in relazione tra noi e con altre e altri.                                                                   

                                  E questo è già un buon inizio!


Veniteci a vedere sul Web:  www.apriti-cielo.it
                                        www.facebook.com/apriti.cielo.3

e anche a trovare: MILANO - Via Spallanzani n.16 (Porta Venezia) 
                                        - nel cortile a sinistra

sabato 20 aprile 2013

TEATRO RAPPRESENTAZIONE DEL REALE. 14 - ANCORA IN SCENA



 
ancora una
volta
IL TEATRO 
mi ha
COINVOLTA ...

ancora una volta 
IN SCENA ...

QUI ...............



22 aprile 2013, ore 19 

Via Tortona 54, Milano

presentano

Tre scrittrici a Milano tra ‘800 e ‘900
Spettacolo di letture e teatralizzazione

Programma:



1) Il mestiere di scrittrice

Teatralizzazione di una riunione di lavoro di Donne di Parola, per sceneggiare un testo di Neera.

La teatralizzazione è realizzata per questo evento e va in scena per la prima volta all’Ansaldo.



2) Tra arte e vita: Antonia Pozzi poeta

Lettura dal vivo, in tre atti, di poesie, testi e pagine di diario di Antonia Pozzi.

Atto 1° - E’ terribile essere una donna e avere diciassette anni

Atto 2° - Gioia di cantare come te, torrente

Atto 3° - Oltre le cose



3) Violazione di domicilio

Lettura registrata e musicata, accompagnata da immagini, del testo di Alessandrina Ravizza tratto dalla raccolta I miei ladruncoli. Racconti dei bassifondi milanesi, 1906. Libera riduzione a cura di Ombretta De Biase.

LE AUTRICI e LE INTERPRETI

Anna Radius Zuccari, in arte Neera (1846-1918)
Scrittrice milanese, pubblicò saggi, novelle e romanzi, tradotti in francese, tedesco ed inglese . Fu una scrittrice molto amata, insieme a Matilde Serao e a Grazia Deledda, fra le più note dell’epoca.
Neera dimostrò fin da bambina poca propensione allo studio e insofferenza alla scuola, il cui insegnamento da adulta poi mise in discussione in modo critico.  Il suo testo,
La Donna scrittrice, diventa per noi un pretesto per ragionare con il pubblico sul nostro lavoro di riscoperta e valorizzazione della scrittura delle donne.
Alessandrina Ravizza (1846- 1915)
Nata in Russia nel 1846, a 17 anni si trasferì a Milano, dove sposò un ingegnere milanese. Fu un'intraprendente realizzatrice di opere assistenziali che avevano il fine di trasformare le coscienze per "rigenerare" la società intera, su basi di giustizia ed uguaglianza sociale. Attivissima a Milano, consolidò la Scuola professionale femminile, aprì nel 1879 la Cucina per ammalati poveri (a cui venne annesso nel 1888 un Ambulatorio medico), diresse la Società Umanitaria.
Antonia Pozzi (1912-1938)
Antonia Pozzi nasce nel 1912 in una importante famiglia nella Milano dell’epoca. Al Liceo Manzoni si innamora del suo professore di latino e greco, il grande classicista Antonio Maria Cervi; ma il rapporto con lui è contrastato dalla famiglia Pozzi, fino a una forzata interruzione nel 1933. Il profondo dolore che gliene deriva, e che segnerà tutta la sua vita, diventa tuttavia una spinta all’intensificazione dell’attività poetica, precocemente iniziata nel 1929.
Antonia studia alla Statale con Antonio Borgese e Antonio Banfi, amica di Vittorio Sereni, Remo Cantoni, Alberto Mondadori, Enzo Paci e, negli anni 1937-38, con Dino Formaggio.
Muore suicida nel 1938.
Donne Di Parola, Associazione di donne che lavora sulla valorizzazione della scrittura femminile. Web radio, che diffonde letture teatralizzate di testi di scrittrici, tra ‘800 e ‘900.
Letture teatrali di: Claudia Badioli, Elena Colella, Attilia Cozzaglio, Raffaella Gallerati, Donatella Massara, Laura Modini, Luciana Tavernini.

martedì 2 aprile 2013

LA POLITICA PRIMA. 16 - LA NOSTRA POLITICA



Figli dell'epoca
                                                                                                   WISLAWA SZYMBORSKA

Siamo figli dell'epoca,
l'epoca è politica.

Tutte le tue, nostre, vostre
faccende diurne, notturne
sono faccende politiche.

Che ti piaccia o no,
i tuoi geni hanno un passato politico,
la tua pelle una sfumatura politica,
i tuoi occhi un aspetto politico.

Ciò di cui parli ha una risonanza,
ciò di cui taci ha una valenza
in un modo o nell'altro politica.

Perfino per campi, per boschi
fai passi politici
su uno sfondo politico.
  


Anche le poesie apolitiche sono politiche,
e in alto brilla la luna,
cosa non più lunare.
Essere o non essere, questo è il problema.
Quale problema, rispondi sul tema.
Problema politico.

Non devi neppure essere una creatura umana
per acquistare un significato politico.
Basta che tu sia petrolio,
mangime arricchito o materiale riciclabile.
O anche il tavolo delle trattative, sulla cui forma
si è disputato per mesi:
se negoziare sulla vita e la morte
intorno a uno rotondo o quadrato.

Intanto la gente moriva,
gli animali crepavano,
le case bruciavano e i campi inselvatichivano
come nelle epoche remote

e meno politiche.




venerdì 15 marzo 2013

LA POLITICA PRIMA. 15 - QUELLA DELLE DONNE, PER TUTTE/I



C'E' GRANDE CONFUSIONE SOTTO IL CIELO ... 
questo appare e si percepisce nella nostra Italia 
in questi giorni di marzo!

Rachel Petriz
Un movimento (im-previsto) ha sparigliato tutte le carte nel sacro luogo del parlamento.

Dal mio cuore esce un: FINALMENTE!
Ma dopo la felicità (per molti e molte) e la curiosità (la mia) ora bisogna guardare la realtà, il famoso "che fare"!

E proprio qui mi viene in aiuto tutto il lavoro fatto dalla Libreria delle Donne di Milano che da 20 anni frequento, condivido, sostengo. L'elaborazione della POLITICA PRIMA, la politica vissuta, pensata, elaborata dalle donne.

Ma proprio perchè LA POLITICA PRIMA non nasce in un solo giorno di primavera
(un consiglio: andate a leggere gli arretrati della Rivista VIA DOGANA presenti in Libreria), trovo l'articolo di apertura dell'ultimo numero di VD, uscito ancor prima dei risultati delle elezioni, illuminante e ricco di spunti non solo per andare avanti, ma per COMINCIARE a pensare ed immaginare nuovi tempi, persone, luoghi, guardando e leggendo la realtà con occhi grandi. 
LO PROPONGO ALLA MIA RILETTURA E ALLA LETTURA, come vorrei, DI TANTE/I.

Un sì e tre no
(Cigarini, Masotto, Melandri) -Pubblicato su Via Dogana n.104, marzo 2013

Dopo le elezioni del 24-25 febbraio 2013 (questo articolo è stato chiuso in redazione a campagna elettorale ancora in corso) ci saranno molte più donne in Parlamento e nelle Assemblee regionali interessate al voto. Alcune saranno lì come femministe. Molte altre ci arriveranno, pur con storie politiche diverse, sull’onda di un forte movimento delle donne che si è fatto sentire, imponendosi ai partiti.
Questo il dato di fatto. Perciò il punto politico al presente è: che relazione intendiamo costruire con loro? Ci interessa oppure no? Per noi la risposta è sì.
Ciò che vorremmo mantenere/costruire con le elette ci aspettiamo che sia all’altezza della radicalità del femminismo: pratica politica del partire da sé, relazioni tra soggetti, non rapporti strumentali.
Niente a che vedere, dunque, con la prassi ben nota, anche se in realtà raramente praticata, secondo la quale le elette relazionano al movimento da cui ottengono in cambio sostegno. Questo, in fondo, non sarebbe niente di più e di diverso da un mandato della rappresentanza gestito con trasparenza, cosa a cui, in effetti, siamo poco abituati. Vorremmo altro.
Vorremmo una pratica politica comune con le elette che avesse come oggetto e scopo creare una misura di giudizio autonoma e inedita, segnata dalla esperienza delle donne e dalle loro relazioni, sulla politica istituzionale e sulla democrazia oggi.
Sappiamo che non sarà facile. Sarà una relazione critica e tempestosa perché chiederemo alle elette molto sia in termini di pensiero che di gesti di rottura, di cambiamento. Specialmente rispetto alle femministe, entrerà in gioco il giudizio (che si è sempre espresso con reticenza nei gruppi femministi) al quale non si possono sottrarre perché hanno accettato il mandato, e di conseguenza la misura di giudizio maschile, consapevoli del rischio – o addirittura della certezza, per qualcuna – della neutralizzazione. Una bella contraddizione da affrontare.
Noi peraltro non vogliamo arrenderci a una sensazione di perdita, di sottrazione che pure sentiamo. E non ci ritroviamo neppure nell’eccitazione di chi pensa “finalmente, adesso sì che…”. Pensiamo che sia una sfida per tutte e proponiamo di raccoglierla insieme, elette e non. I temi da affrontare non sono da poco. Eccone alcuni, che vogliamo accennare partendo da alcuni no.
No a leggi “di genere” come facile e pericolosa scappatoia per sentirsi – sia le donne sia gli uomini – “dalla parte delle donne”. Il pensiero e la pratica delle donne hanno prodotto negli ultimi 40 anni elaborazioni ricchissime. Giuriste, filosofe, scienziate offrono spunti che non possono essere ignorati da chi fa leggi. E portano piuttosto a dire che: a) sulla sessualità non si legifera; b) le leggi antidiscriminatorie, notoriamente più amate da chi legifera che dalle donne stesse, hanno l’effetto pratico di imbrigliare e normalizzare l’attuale dinamismo culturale e sociale delle donne, che giustamente non amano essere trattate da deboli e vittime; c) la Costituzione ben usata permette comunque qualsiasi azione legale antidiscriminatoria.
Anche sulle azioni positive poi, abbiamo tutte le informazioni per esercitare un giudizio sottile e all’altezza della consapevolezza delle donne.
Chiediamo, invece, riflessione e lavoro politico comune sui temi cari alla nostra pratica politica. Le parlamentari, tra l’altro, sono in un luogo dove oggi quasi niente si decide: il potere si è dislocato dal parlamento al governo e dal governo nazionale ai vari poteri non trasparenti e che non passano attraverso il dispositivo del consenso elettorale. Il parlamento, in compenso, concede ai suoi abitanti tutto il tempo e gli strumenti (biblioteca, collaboratori, soldi ecc.) necessari alla riflessione e all’azione.
La voglia di essere nei luoghi in cui si decide si manifesta poi anche in altri modi. Molte donne vogliono governare. Avere in mano il potere positivo di fare. Questo desiderio si manifesta spesso, e ai nostri occhi più coerentemente, a livello delle amministrazioni locali (regionali). Anche sotto questo aspetto ci sembra il momento per mettere in discussione i luoghi comuni e le scorciatoie: certo che le donne sono spesso più competenti e meno corrotte! Ma oggi hanno anche la forza politica per non limitarsi ad essere “la brava amministratrice”. Per sottrarsi al santino della donna naturaliter moralizzatrice. Non essere l’eccezione femminile che con la sua inclusione “rinnova” una politica screditata, ma imporre un cambio di regole per tutti. Evitando il sottinteso slittamento dal politico al problem solving. E non consentendo l’operazione di impoverimento simbolico che riconosce le competenze femminili senza mettere in discussione l’ordine maschile costituito.
Non nascondersi che la posta in gioco oggi è il discorso sulla democrazia. Parlare di adeguamento e rilegittimazione della democrazia e della rappresentanza ci sembra francamente un grave errore di prospettiva. Possiamo oggi entrare nel discorso sulla democrazia come soggetti che sono già nel discorso pubblico e che agiscono già politica. Le donne non sono un problema di adeguamento della rappresentanza. Non ci interessa oggi una democrazia meno screditata, ci interessa che venga modificata sostanzialmente dall’affermarsi della libertà femminile, dalle trasformazioni nel concetto di cittadinanza, dal riconoscimento dei soggetti come interdipendenti. Nello stesso modo abbiamo cambiato il discorso sul lavoro: non più questione femminile, ma soggetti che illuminano tutta la scena del lavoro necessario per vivere, che mostrano ciò che tutti possono permettersi di non vedere.
Se non facciamo questo passaggio, anche il primum vivere si banalizza nella rivendicazione delle donne come portatrici di cura del vivere, invece che di un nuovo conflitto che riguarda il come e il dove vengono prese le decisioni che riguardano da vicino la vita di tutti noi.
A noi stanno a cuore temi e contraddizioni alte: la libertà delle donne (e degli uomini) non è riducibile alla democrazia che conosciamo, al sistema elettorale, alla dittatura della maggioranza e neppure ai diritti, alla politica dei partiti – che fin dagli anni ’70 hanno perso la capacità di intercettare le nuove soggettività – e degli stati esautorati. Bensì, pensiamo che la libertà possa essere affidata alla forza delle pratiche politiche di soggetti che si riconoscono interdipendenti.
Già più di 60 anni fa Hans Kelsen – sottolineando il tendenziale conflitto tra libertà e democrazia – aveva tentato di superarlo con il concetto di libertà democratica.
Oggi più che mai si apre un vuoto pratico-teorico enorme davanti a tutte e tutti.
Si chiede, perciò, soprattutto alle parlamentari femministe di tenere conto del livello alto della contraddizione e di non adeguarsi alle soluzioni fin qui proposte: democrazia partecipata, cittadinanza attiva, legami con il territorio e gli elettori, ecc. Ne hanno la capacità e la formazione. Possono, dal loro posto (parlamento) e dalla loro pratica femminista (di relazione), avere uno sguardo alto, raccontare le esperienze hanno acquisito in quel luogo: quali conflitti insorgono quando si ignorano le regole tradizionali del potere? Hanno la forza e il coraggio di contrastare la regola maschile? Che tipo di pratica di relazione intendono costruire?
Non cercare di andare avanti con lo sguardo rivolto all’indietro. Infine, in questo momento politico non ci si può affidare alla pura e semplice difesa della Costituzione, che è bella dal punto di vista sociale ma che non affronta affatto la libertà delle singole/i. Non a caso, è bene sottolinearlo, è stata scritta in un tempo nel quale le donne non avevano parola.
Ma soprattutto non si può affrontare la complessità del presente cercando di ricacciarlo a forza dentro uno schema concettuale pensato su una società e degli Stati profondamente diversi. Oggi ci sono molti movimenti che rivendicano la propria natura costituente: soggetti che si relazionano, che cooperano, che si autogovernano, come la politica dei beni comuni. Il femminismo è stato fin dall’origine, ed è, uno di questi. L’irruzione, infatti, delle donne nella politica con i loro desideri e bisogni ha fatto cadere la separazione tra privato e pubblico: la soggettività di chi parla in prima persona rispetto all’oggettivazione dei problemi; la singolarità rispetto alla identità di genere, di classe, ecc.
Aspettiamo quindi che le donne elette (senza escludere uomini, senza escludere le candidate non elette) rispondano affermativamente ai nostri inviti: non ci esoneriamo infatti dalla ricerca delle pratiche, delle idee e delle iniziative che possono realizzare quello che pretendiamo da loro. Da loro e da noi.

giovedì 14 marzo 2013

PREZIOSITA' DI DONNE. 4 - WISLAWA SZYMBORSKA


Un anno è passato dalla morte di Wisława Szymborska 

il suo nome non più sconosciuto, la sua poesia ormai nutrimento di tante e tanti.


E come quando, avendo un dubbio e cercando una risposta 
leggevo  I Ching - 易經 (Il libro dei Mutamenti) 
ieri ho aperto un suo libro di poesie: "Vista con granello di sabbia" e ho letto:

RINGRAZIAMENTO

Devo molto
a quelli che non amo.
Il sollievo con cui accetto
che siano più vicini a un altro.

La gioia di non essere io
il lupo dei loro agnelli.

Mi sento in pace con loro
e in libertà con loro,
e questo l'amore non può darlo,
ne' riesce a toglierlo.

Non li aspetto
dalla porta alla finestra.
Paziente
quasi come un orologio solare,
capisco
ciò che l'amore non capisce,
perdono
ciò che l'amore non perdonerebbe mai.

Da un incontro a una lettera
passa non un'eternità,
ma solo qualche giorno o settimana.

I viaggi con loro vanno sempre bene,
i concerti sono ascoltati fino in fondo,
le cattedrali visitate,
i paesaggi nitidi.

E quando ci separano
sette monti e fiumi,
sono monti e fiumi
che si trovano in ogni atlante.

E' merito loro
se vivo in tre dimensioni,
in uno spazio non lirico e non retorico,
con un orizzonte vero, perché mobile.

Loro stessi non sanno
quanto portano nelle mani vuote.

"Non devo loro nulla" -
direbbe l'amore
su questa questione aperta.


- e tutto mi è apparso più chiaro, quasi ovvio!

Grazie  Wisława Szymborska, 
grazie della tua preziosità di donna.